Pieve Torina

Pieve Torina era un borgo vivo con attività commerciali, aziende e oltre 1000 abitanti. Purtroppo il sisma ha devastato il paese con una forza tale da rompere fondamenti, sposare i muri e rendere inagibile quali il 90% dei fabbricati.

Alcuni cenni storici del territorio da esplorare:

L’Eremo dei Santi

Il Santuario di Sant’ Angelo “de Prefolio” è posto a quota 690 a sud-est del Pennino, sta a guardia della strada della transumanza battuta dalle pecore che dai pascoli dello stesso monte scendevano verso sud lungo la Val Sant’Angelo, la valle che collega l’altipiano di Colfiorito a Pieve Torina.
L’eremo sicuramente ha riadattato a scopi cultuali cristiani una grotta naturale utilizzata come santuario pagano in età preromana romana, ciò dovuto anche per essere situato lungo una importante via di transito transappennica.
Sulla facciata dell’esterno è incastonata una lapide semicircolare, ricomposta da più frantumi, un tempo posta sull’arco della porta d’ingresso della chiesa, che doveva appartenere alla lunetta del portale della chiesa primitiva.
È ornata da un motivo ad intreccio; vi sono due leoni che volgono il capo ad una croce campeggiante al centro e si mordono la coda. L’iconografia è tipica dell’arte romanica dove il leone simboleggia il guardiano del luogo sacro. La scritta, con le righe curiosamente invertite (la terza è posta in cima, forse il lapicida aveva calcolato male lo spazio a disposizione), secondo la lettura del Santoni (messa recentemente in discussione) così recita:

“ANNI D(OMI)NI SUNT MCXLVIII IN-DICTIO XI / P(RI)OR DEUTESALVE ET FRIDERICUS DUX ALBERTUS COMES GISLA ET ALII / ET ALIORUM HOMINES QUI ADIUTORIUM IMPENDER(UNT) VIVANT IN Xo (CHRISTO)”

La lapide è il documento più antico e fa memoria di un intervento edilizio, forse la monumentalizzazione della grotta micaelica, fatta nel 1148 dal priore Diotisalvi, con l’aiuto del duca di Spoleto Federico, del conte Alberto, di Gisla, di altri e della sua gente di discendenza longobarda.

Alberto era il conte di Prefoglio, castello dirimpettaio al santuario micaelico e Gisla era probabilmente sua moglie: da qui l’ipotesi che il santuario fosse stato scelto come sepolcreto dei domini di Prefoglio come anche lascia supporre il sarcofago romano per bambino in marmo bianco, ora riutilizzato come altare, quello prossimo all’ingresso della chiesa.
Nel1252, in clima di “restaurazione”, i “domini” dovettero vendere il loro castello di Prefoglio al Comune Camerino, mantennero però lo iuspatronato sul santuario per la cui gestione si servirono di un capitolo canonicale, presieduto da un priore.
Un documento del 1372, conservato all’Archivio di Stato di Parma ricorda, infatti, la presenza di
 « un priore e nove canonici». Su uno stipite della sacrestia è murata una pietra tombale che porta la data del 1446 con su la scritta “ HIC IACET DOMINA PIISIMA ALPHONSI 1446 “.
Gli ultimi priori furono nominati nel XVII secolo.
Successivamente l’eremo fu curato da eremiti laici più avanti ricordati.
Nel secolo XVIII, fu ridedicato ai “Santi” ed il fatto è legato alla tradizione che vuole la presenza dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di passaggio in quel luogo ai quali si attribuisce la prima evangelizzazione della zona

IL MULINO DI FIUME

Il mulino ad acqua di Fiume fa parte, come sede distaccata, di un percorso del Museo della Nostra Terra di Pieve Torina. Il Mulino si incontra percorrendo la strada che da Colfiorito conduce a Pievetorina, all’inizio dell’abitato di Fiume. L’edificio, con il caratteristico laghetto e cascatelle laterali, è costruito su uno sperone di roccia a cavallo del torrente Sant’Angelo ed è attivo fin dall’alto medioevo.
Il complesso conserva le strutture originarie: l’opificio, una prima cascata d’immissione del torrente e il laghetto. Attraverso due canale inclinate, scavate nel muro-diga, l’acqua cade sui tre retrecini (eliche di legno formate da fusello e pale incassate) posti sotto le volte. Due grandi per le macine ed uno minore per azionare lo staccio e una mola. Delle due macine in pietra una, senza staccio, frangeva il cereale destinato al bestiame (granturco, orzo, ghiande, avena, fava). Dall’altra, impiegata per grano tenero, un sistema di cinghie in cuoio portava il macinato allo staccio provvisto di quattro bocchette a seconda del tipo di farina: una per il fior di farina, una per la crusca, e le intermedie per graduare nel macinato la percentuale di fiore e di cruschello.

Tale tipo di mulini che sfruttavano l’energia dell’acqua si sono sviluppati in tutto il centro Italia e sono quasi tutti pressoché simili nei loro meccanismi di funzionamento.

La sede distaccata del Museo, poco distante da Pieve Torina, è il mulino di Fiume; la struttura medievale perfettamente conservata è impreziosita dalle due macine in pietra che ancora funzionano grazie alla cascata del laghetto confinante, alimentato dal torrente S. Angelo. Risalente almeno all’alto medioevo, il complesso era uno dei 5 mulini del comune di Pieve Torina, macinava più di 700 quintali di grano l’anno. Nel 1986 il Museo della nostra terra, grazie al comune, ha acquisito la proprietà del mulino, inutilizzato da trent’anni, e dopo un importante restauro conservativo lo ha reso della sede distaccata nel 1993, rimettendo in funzione i meccanismi originari.